Localizzazione e recapiti: Gli affeschi staccati sono conservati al MAH – Musées d’art et d’histoire, Rue Charles-Galland 2; tel. +41 (0)22 418 26 00; email: mah@ville-ge.ch
Tipologia dell’opera: 11 frammenti di affreschi staccati nel 1886, opera di Giacomo Jaquerio, primo quarto del XV secolo,
Descrizione: Si sono conservati 11 frammenti di cui 7 con figure di angeli musicanti, 3 con fregio e 1 con architettura.
Notizie storiche: I frammenti di affresco furono staccati dalla Cappella dei Maccabei, che fa parte della Cattedrale di Ginevra.
La cattedrale di San Pietro (Cathédrale Saint-Pierre) fu la cattedrale della città dalla fine del V secolo sino al 1535, anno della Riforma protestante. L’edificio attuale fu costruito nel XII secolo sulle rovine di chiese risalenti ad epoche precedenti.
Divenuto tempio protestante nel 1536, dove Calvino lesse e spiegò le Sacre Scritture per 23 anni, l’edificio fu spogliato degli altari, dei dipinti, delle statue e degli arrredi. Si salvarono alcune vetrate; i capitelli della navata che raffigurano figure umane e creature mitiche e alcuni di affreschi.
Il portale neoclassico venne aggiunto nel 1752-56 dall’architetto Benedetto Alfieri. L’edificio fu ristrutturato alla fine del XIX secolo.
Nel seminterrato della cattedrale sono stati eseguiti scavi archeologici, aperti al pubblico dal 1976. Dal 2006 la cattedrale è uno dei più grandi siti archeologici a nord delle Alpi e spazia dal III secolo a.C al XII secolo.
La splendida Cappella dei Maccabei, Notre Dame des Machàbées, fu costruita in fondo alla navata sud dell’edificio della cattedrale (vedi pianta) tra la fine del XIV e gli inizi del XV secolo (forse 1406) in stile gotico flamboyant (vedi allegato: La chapelle des macchabées à Genève b).
L’architetto fu probabilmente Colin Thomas (che eresse la cattedrale di Carpentras tra il 1405 e il 1408) 1, al servizio del cardinale Jean de Brogny, uno degli ultimi grandi prelati di Avignone, e la cappella, a navata unica con abside poligonale e preziose vetrate, fu affrescata da Giacomo Jaquerio, secondo Frédéric Elsig tra gli anni 1411-1413, periodo in cui il pittore è documentato a Ginevra (vedi allegato: Le cardinal de Brogny et sa parenté).
Per la coerenza stilistica con le altre opere di questo momento, si preferisce una datazione alta per questi Angeli, anche se in realtà la definitiva sistemazione della cappella ebbe luogo soltanto dopo la morte del cardinale, avvenuta nel 1426; Jaquerio fu ancora chiamato a collaborare, e venne pagato nel 1429 per avere dipinto un’immagine della Vergine per la cappella; ma si ritiene probabile che l’incarico fosse relativo alla policromia di una delle sculture, forse di Prindall (Castelnuovo, 1979, pp. 31 s.).
Jean de Prindall, scultore fiammingo che aveva realizzato gli splendidi stalli lignei del coro della cattedrale e che sembra collaborasse con la bottega di Jaquerio, fu incaricato del monumento funebre del cardinale de Brogny, eretto nel 1414. Il prelato morì nel 1426 a Roma; la salma fu traslata nella Cappella nel 1428. Purtroppo dopo la Riforma sia il mausoleo che la sua lapide vennero distrutti. 2
In seguito la cappella subì la sorte della cattedrale, e le decorazioni furono oggetto di iconoclastia dopo il 1535; persa la funzione sacra, fu adibita a usi profani (magazzino per il sale e la polvere da sparo) e nel 1830 versava in stato di grave degrado.
Nel 1845 l’archeologo-architetto ginevrino Jean Daniel Blavignac (1817-1876) iniziò la ricerca per riscoprire le tracce del vecchio decoro della cappella, mentre era incaricato di studiare un progetto di restauro per l’intera cattedrale. Blavignac scrisse: “Sotto gli strati di tempera che coprono gli archi dell’abside, ho appena scoperto dipinti antichi sullo sfondo dei pennachi (vele?) azzurri si distinguono stelle del fuoco e belle figure, le nervature della volta sono evidenziati da fogliame e sono arricchite da fili dorati, allo stesso modo della chiave di volta i cui scudi dipinti determinano i veri colori dello stemma di Jean de Brogny”.3
Blavignac realizzò il progetto di un restauro completo della cappella, dentro e fuori, di cui non rimane traccia negli archivi. Ma le autorità non presero decisioni e solo nel 1874, anche se non era stato stabilito quale sarebbe stata la destinazione d’uso dell’edificio, il Consiglio di amministrazione deliberò di impegnarsi in un restauro.
Nel 1885 una mecenate si impegnò a far rifare le sei grandi vetrate gotiche a patto che la cappella dei Maccabei fosse destinata a luogo di culto protestante; le autorità accettarono.
Il restauro interno dell’edificio fu affidato a Louis Vollier (1852-1931), architetto della città dal 1878, in seguito anche della cattedrale. Furono rifatti o ristrutturati muri, modanature, pilastri, nervature, chiavi di volta, elementi scultorei, decorazioni ecc. nello spirito dello stile neogotico della fine del XIX secolo.
Per il restauro degli angeli, come fu all’epoca definito questo intervento (ma sarebbe stato più corretto dire ricostituzione o sostituzione), venne chiamato il ginevrino Gustave de Beaumont (1851 1920), pittore assai noto all’epoca. Probabilmente era già stato deciso di staccare e preservare gli antichi affreschi degli angeli e sostituirli inserendo sulle vele dell’abside, nell’apparato ornamentale progettato da Viollier, un nuovo “concerto degli angeli” copiato il più fedelmente possibile dall’originale del XV secolo.
Per questo “restauro”, o meglio per l’esecuzione delle copie, de Beaumont nel 1885 compì un viaggio di studio nelle principali città d’arte del Nord Italia allo scopo di familiarizzarsi con la tecnica dell’affresco, che non aveva mai praticato in precedenza, e che era considerata specificamente transalpina e privilegio dei maestri italiani.
Pare sia stato lo stesso de Beaumont a portare a Givevra l’italiano (nato in provincia di Bergamo), Giuseppe Sleffanoni, un restauratore ed esperto di stacco di affreschi che aveva già lavorato in Nord Italia e in Svizzera. Costui, nel 1886, con i suoi collaboratori, pulì gli affreschi dagli strati di pittura soprastanti – anche se in modo poco accurato – così che il de Beaumont potesse tracciare le copie su carta trasparente attaccata al muro con mastice, i cui residui rimasero in parte sull’originale (I fogli delle copie sono conservati al MAH). Due angeli erano già praticamente scomparsi e il De Beaumont li ricreò: l’angelo con il triangolo e quello con l’organo portatile.
Lo Sleffenone procedette allo strappo con i metodi dell’epoca (un panno di canapa e uno di calicò fissati con colla, i cui residui furono trovati nei recenti restauri). Purtroppo riuscì il distacco di soli sette angeli: oltre ai due già troppo danneggiati in precedenza, altri tre furono distrutti durante le operazioni di strappo. Molto discutibile, agli occhi di oggi, la modalità usata: Sleffenone spianò gli affreschi come fossero dipinti a cavalletto (mentre le vele delle volte erano curve) e privilegiò i personaggi al punto da rimuovere zone dello sfondo del cielo e persino tagliare parti di ali o vestiti. Gli affreschi, così ridotti a dipinti su tela, furono inchiodati su strutture fisse in legno di abete. I danni causati dalla rimozione furono parzialmente camuffati da correzioni a tempera. Solo due angeli, quelli delle vele più piccole, furono staccati con una parte del fregio vegetale che li contornava.
Una volta rimontati, questi frammenti furono esposti al Museo Archeologico, che poi fu unito all’attuale MAH.
Nel 1887 il de Beaumont affrescò gli angeli sulle vele dell’abside, assistito da Arnold Köhler, un pittore che faceva parte del team assunto di Viollier per la decorazione del resto della cappella di cui dipinse, ma con tecnica a tempera, i fregi, i bordi e probabilmente gli sfondi. 4
La decorazione, fedele all’originale nell’impianto, ne resta come documento, ma l’esecuzione rivela la mancanza della mano del Maestro.
Terminarono nel 1977 i lavori di restauro sia della cappella dei Maccabei che dei dipinti originali, fornendo elementi per uno studio comparativo. Il restauro ha permesso una migliore leggibilità dei reperti, vedi immagine di confronto di un frammento prima e dopo la pulitura (vedi allegato: Restauration de la chapelle Notre Dame des Macchabées à Genève – ed anche: La peinture des voûtes de la Chapelle des Macchabées).
Storia del Museo: MAH -Musées d’art et d’histoire
L’idea di istituire un museo di arte e storia a Ginevra risale al 1826, già vi erano il Musée des Beaux-Arts (oggi Musée Rath) e il Musée Académique, che esponeva collezioni di storia naturale. Nel 1851 la città acquistò il Musée des Beaux-Arts, a cui venne ad aggiungersi la raccolta di armi e oggetti storici del 1870. Nella seconda metà del XIX secolo vennero ampliate numerose collezioni grazie a donazioni, e furono aggiunte nuove sale espositive. Fu indetto un concorso per la costruzione di un “museo centrale” che comprendesse tutte le varie raccolte, nel 1904 fu posata la prima pietra e l’edificio fu terminato nel 1909. I Musées d’art et d’histoire furono inaugurati il 15 ottobre 1910. Oggi il MAH conserva 650000 opere, su un’area espositiva di circa 7000 mq. Sono presenti dipinti, sculture, stampe, oggetti storici ed archeologici (vedi anche: Musée d’art et d’histoire di Ginevra – Wikipedia).
Descrizione delle decorazioni pittoriche quattrocentesche della cappella di Notre Dame des Machàbées
Le pareti della cappella erano decorate con scene della vita dei santi di cui rimane solo un piccolo frammento che rappresenta un castello. In particolare, sulle sette vele dell’abside (cinque grandi e due piccole) vi erano dodici angeli musicanti (due per ciascuna grande e uno su ciascuna delle piccole) su uno sfondo blu scuro seminato di stelle d’oro e al centro lo stemma del cardinale Brogny. Gli archi erano evidenziati con un fregio/bordo a fogliame di “cicoria” simile a un arazzo.
La decorazione fu realizzata ad affresco su malta; lo schizzo preparatorio, eseguito a pennello con pigmento in terra rossa o verde, a volte traspare sotto i colori (bianco calce, vermiglio, terra verde, giallo ocra e lapislazzuli). Lo schizzo fu ripreso durante il lavoro con la tecnica della punta secca e il dipinto fu completato con smalti. L’oro delle stelle e delle aureole poggia su una base di terra rossa; alcuni dettagli, ad affresco asciutto, furono migliorati con la tempera.
I sette angeli rimasti, montati su supporti rigidi, hanno altezza variabile da 120 a 160 cm circa.
1 Angelo con salterio, abito blu, dannaggiato alla base.
2 Angelo con flauto doppio a una sola imboccatura, abito bianco con bordi rossi, capelli ricci biondi, integro tranne la parte estrema dell’ala destra.
3 Angelo con liuto, con abito rosso, danneggiato nella parte superiore con scomparsa dei tratti del viso.
4 Angelo con viola e archetto, mantello bianco e abito rosso; sono illeggibili i tratti del viso.
5 Angelo con cimbali/cembali, abito bianco, capelli biondi lisci, manca di parte dell’ala sinistra.
6 Angelo con trombetta o cornetta o pipita o anche ciaramella, da non confondere con un diverso strumento omonimo usato nel Sud Italia. Il frammento conserva tre lati del bordo finemente decorato. Figura rivolta a sinistra. Abito rosso e mantello giallo, capelli biondi arricciati al fondo. Sono presenti le stelle sullo sfondo blu.
7 Angelo con bombarda (tipo di trombetta simile alla precedente). Il frammento conserva tre lati del fregio. Figura rivolta a destra, con abito bianco e mantello rosso. Sono presenti le stelle sullo sfondo blu.
8 e 9 sono frammenti lunghi circa 90 cm del fregio a motivi vegetali che circondava le figure di angeli, il medesimo che è ancora conservato nelle figure degli angeli 6 e 7.
10 Il frammeno, di circa 90 cm è un fregio con un un motivo vegetale differente dai precedenti forse di pertinenza di una parete.
11 L’ultimo frammento, che anch’esso presumibilmente faceva parte della decorazione parietale, presenta una figura purtroppo quasi irriconoscibile, di fronte ad un castello di cui sono ben delineate torri e finestre.
Per quanto riguarda il tema degli angeli musicanti, iconografia frequente nel XV e XVI secolo sia in Francia che in Italia, per la maggior parte si trova nelle raffigurazioni della “Gerusalemme Celeste” o Paradiso o nel corteo del Cristo in trionfo oppure dell’incoronazione o assunzione della Vergine, ma anche su alcune volte di absidi. Tali raffigurazioni sono molto utili per lo studio degli antichi strumenti musicali (In Piemonte, tra le altre, ricordiamo quella della cappella di San Fiorenzo a Bastia Mondovì).
Bibliografia citata:
1. Garrigou Grandchamp P., La chapelle des Macchabées à Genève, in: Bulletin Monumental, tome 165, n°2, année 2007, pp. 218-219
2. Gonthyer J.F., Le Cardinal de Brogny et sa parenté, Henry Trembley editeur, Genève 1889
3. Blavignac J.D., Description monumentale de l’église de Saint-Pierre, ancienne cathédrale de Genève, Genève l845., p. 5-6
4. el-Wakil L.; Hermanès T.A., Restauration de la chapelle Notre-Dame des Macchabées à Genève, in: Nos monuments d’art et d’histoire : bulletin destiné aux membres de la Société d’Histoire de l’Art en Suisse, Band (Jahr): 30 (1979). Link: http://doi.org/10.5169/seals-39332
Castelnuovo E.; Romano G., Giacomo Jaquerio e il Gotico internazionale: Palazzo Madama, aprile – giugno 1979, Musei Civici, Torino 1979
Internet:
http://www.ville-ge.ch/musinfo/bd/mah/collections/result.php?type_search=simple&lang=fr&criteria=jaquerio&terms=all (Ogni fotografia ha possibilità di ingrandimento elevato.)
http://institutions.ville-geneve.ch/fr/mah/
Fonti fotografiche:
La mappa della cattedrale è un’elaborazione di un disegno del 1890 conservato al BGE, Centre d’iconographie genevoise.
La figura con il confronto tra i due frammenti prima e dopo il restauro del 1977, è tratta dall’articolo indicato alla nota 4.
Le immagini dei frammenti conservati al Musées d’art et d’histoire sono tratte dal sito, sopra citato, del MAH, Collections en ligne, Les Musées d’art et d’histoire de la Ville de Genève.
Note:
L’intitolazione ai Maccabei, si riferisce ai sette fratelli ebrei che furono messi a morte con la loro madre da Antioco IV Epifane di Siria nel 160 a.C. I primi cristiani ammirarono questi eroi del giudaismo, precursori dei martiri del Cristo e il loro culto si diffuse rapidamente. Maccabei è il titolo di quattro libri dell’Antico Testamento, di cui i primi due sono considerati canonici dalla Chiesa cattolica e da quelle ortodosse e non canonici da ebrei e protestanti; il terzo e il quarto sono concordemente giudicati apocrifi.
Data compilazione scheda: 20 marzo 2019
Nome del compilatore: Angela Crosta
Galleria immagini:
Schede illustrative Angeli e fregi:
MAH _ ange 1
MAH _ ange 2
MAH _ ange 3
MAH _ ange 4
MAH _ ange 5
MAH _ ange 6
MAH _ ange 7
MAH _ fregio 8
MAH _ fregio 9
MAH _ fegio10
MAH _11 architettura